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Kerosene

L'odore di sottofondo, sempre presente, della stufa a kerosene che si inceppava di continuo. Tu che cucinavi.  Sembravi serena, dentro a tutto quello squallore. Sembravi felice, ma a guardarti bene si capiva che qualche conto non tornava. La tua pelle olivastra che vira al grigio.  Ero piccola ma lo vedevo. Il tuo sguardo che da vivo si faceva acquoso. Ero piccola, ma lo sentivo. La puzza del kerosene. Il freddo, l'odore della passata di pomodoro in brick soffritta male in in aglio quasi arrivato al suo fine vita. Un aglio che, a dirla tutta, invocava pietà. Quell'odore mi ha sempre lasciato l'acidità contratta di uno stomaco non sazio. Di cibo,  Di amore,  Di gioia. E tu eri lì.  In piedi. In mezzo a quel turbinio di odori, tra soffritto e kerosene, ferma, immobile, con lo sguardo acquoso e i gesti lenti, esasperatamente lenti. Io ti vedevo.  Ti vedevo ogni giorno, guardare il nulla e preparare quel pasto sterile. Ti sentivo  ogni giorno e sentivo l'acido salirmi f

Cambiando l'ordine dei traumi, il dolore non cambia.

"Definisci" Ho gli occhi gonfi. La testa pesante, il freddo da stress nelle ossa. "Definisci." "Per favore. Non ho bisogno di essere incalzata, ho bisogno solo di essere capita." Davanti a me una statua di sale. Sapevo che avrei ricevuto questo trattamento, e altrove non è andata meglio. Porte chiuse in faccia, assenze, finti ascolti, il solito. A conti fatti una statua di sale che mi ordina di pensare, non è tutto sto malaccio. Ma sono io che sto male.  Ho gli occhi gonfi. La testa pesante, il freddo da stress nelle ossa. "Non è divertente vedere come sei ridotta, come ti trascini e come trascini il peso di quello che DEVI definire." "Non c'è niente da definire. È la vita che a tratti fa schifo, a tratti è anche peggio." "Poco ti si addice il vittimismo spicciolo. Lo so che non vuoi. Ma devi. Dovresti." La statua di sale ha una luce teneramente umana negli occhi, adesso. Ma non ci casco. "Fidati. Davvero. Una volta c

Rottura

 E' passato del tempo.  Tempo  nel quale ho annaspato. Sperando di sanarmi in qualche modo, da sola. Ma accadde oggi.  E a ricordarmelo non è stata di certo una stupida funzionalità di Facebook, o del mio cellulare che si ostina a volermi mostrare le mie foto del passato " sperando di farmi felice con i miei fottuti ricordi del cazzo" .  No, non c'è traccia di quelli.  Ma accadde proprio oggi. Il momento in cui qualcosa in me si ruppe definitivamente.  Lo fece in modo silenzioso e devastante, una frana emotiva che trascinò via pezzi, sradicandoli da me. Molti sono tutt'ora dispersi in quel fango gelido e colloso. Quello che sono riuscita a ritrovare ho cercato di ricucirmelo addosso, ma non sta più su, come se mi fossi fatta più piccola, più curva. E ho cancellato tutto quello che poteva essere cancellato, eliminato ciò che andava eliminato e bruciato ciò che andava bruciato.  " Sei sempre stata molto brava in queste censure. " Già. Ma oggi un qualcosa d

Grigliata di Chiappe. Le mie.

 Il Signor E. mi guarda con quel misto di esasperazione e onniscenza. Io mando giù la tequila e mi ficco in gola in malo modo lo spicchio di limone. "Fottiti!" gli dico, a bocca piena. E potrei andare avanti così, tutta la notte, a trangugiare tequila e a insultarlo con la bocca piena di limone. Ma non risolverebbe di certo il problema. " Quale sarebbe il problema, stavolta?" "Non c'é." " Non....SCUSA???" " Non c'è il fottuto problema, ed è questo il vero problema!!" Altro giro, altra corsa, altro sale tequila e limone, e altra conseguente imprecazione. Spiego meglio: Ho questa abitudine: Quando sento odore di bruciato, non mi soffermo a cercare di capire se si tratti di un allegro e innocuo barbecue o un incendio livello Australia 2020.  Io scappo. Scappo a prescindere. Io scappo come se l'incendio livello Australia 2020 stesse banchettando con  le mie chiappe, come se il piatto forte di quell'allegro barbecue sia io. &

La cosa più brutta che ti abbiano mai detto?

" La cosa più brutta che ti abbiano mai detto?" La domanda mi è piombata addosso inasapettata, e mi ha spiazzato. Ho pensato a litigi, a cose dette con rabbia da persone a cui tenevo, ho pensato a insulti e cose non vere dette appositamente per ferirmi, ma nessuna di queste cose meritava di essere menzionata. In un attimo mi si è affollata la testa di tutte queste cose, rumorose ma non pesanti come avrei creduto. E poi di botto il silenzio. " Ce l'ho." E me ne sono andata via sconvolta, senza rispondere. La cosa più brutta che mi abbiano mai detto è stato un " Ti amo" detto per disperazione da una persona che ho amato profondamente. Un "Ti amo" detto quando ormai era troppo tardi.  Quando io, che solitamente resto in piedi a lottare, ero accasciata a terra completamente vuota e arresa.  Un "Ti amo" detto per salvare capra e cavoli. Ma i cavoli erano marci, le capre morte e la vacca era finita chissà dove.  Un "Ti amo" che

Ritorno dal fronte

Ne è passato di tempo. A razzolare tra polvere, ricordi e speranza. È stato un attimo ritrovarsi in un baratro nero e denso, senza fiato e con il cuore al limite dell'esplosione.  Ogni santo giorno. Più e più volte durante il giorno. Con quel male subdolo che si arpionava sul cuore e graffiava i polmoni senza aria, senza voce, senza vita. Quella stessa vita che mi sentivo liquida scivolare unta tra le dita. Ma sono qui, ora.  Sono qui. E respiro, in piedi e vedo tutto quello che c'è davanti a me. Io non ho paura.

Scatole

Con le mani impolverate e sporche la tiro giù. Strati di tempo depositati sopra, chissà cosa madonna ci sarà dentro, mi dico. La apro e mi paralizzo. Una montagna di vecchie foto. Come le vedo sento dei ricordi travolgermi e soffocarmi. Tutti insieme. Ormai è inutile chiuderla. Compleanni di decenni fa, amici perduti. Alcuni sono morti, altri sono andati via, alcuni ancora sono semplicemente spariti chissà dove. Quello che mi fa più male però è vedere il mio sguardo e scoprirlo così diverso da ora. I segni del tempo non li noto nemmeno, ma vedo le cicatrici del dolore, della rabbia, della delusione. Hanno formato un velo dalla trama fitta sui miei occhi, e li hanno resi tristi e stanchi. Vorrei poter dire a quella ragazzina dallo sguardo fiducioso di fuggire. Di non aspettare niente e nessuno, perché niente e nessuno aspetteranno lei. Vorrei poterle dire di abituarsi alle poche briciole che riceverà, che dovrà farsi bastare. Vorrei poterle dire che la maschera che dovrà