Diario di viaggio di una nerd disadattata

Sono stata enormemente autocontrollata da un anno  a questa parte.
Per paura di non farcela e per abitudine, forse. Non ero più solita a pensare a me, a quello che volevo io, a cosa avrei voluto fare. Dovevo pensare ai problemi di altri perchè se non l'avessi fatto avrebbero travolto in modo rovinoso anche me. E questo non va affatto bene.
Ma, mi son detta, adesso dipende tutto da me.
Così mi sono concessa quella che chiamerei una sana "botta di matto"  in un periodo che di sano per me ha davvero ben poco.
Non ho pensato, ho solo realizzato " ma si, cazzo, che è un anno che sputo sangue e poi lo raccolgo".
E quando ho deciso non ho nemmeno pensato che sarei stata completamente da sola.

Sola a scorgere nell'orizzonte lontano i primi pini marittimi  che tanto amo e tanto sono familiari per me.
Sola a vedere di nuovo il colore rosso di quella terra.
Sola a sentirne l'odore.
Sola in mezzo a una folla disadattata come me, e per questo forse ancora più pericolosa.

Non ho davvero pensato a tutto questo, e me ne sono resa conto nel momento esatto in cui accadeva.
I pini, solenni, in lontananza hanno annunciato tutto il mio disagio.
Ma ormai era tardi, ormai ero lì, ormai me la dovevo giocare.
Cazzo.
I pini, sempre più grandi e visibili.
La terra rossa.
E poi è arrivato l'odore.
Quell'odore vivo e intenso, che a ben pensarci forse quella più viva e intensa ero io quando vivevo qui.
Cazzo.
Questa era casa mia. Questo era l'unico posto dove non mi sono mai sentita fuori luogo. E ora è così lontano.

Un trauma alla volta, cristosanto, che oggi davvero non sarà facile sopravvivere.

E non finisco a pensarlo che mi ritrovo non so come in mezzo alla gente. Tanta tanta gente. Troppa, davanti a una cancellata enorme.

Oh Cristo. Mò?

Rendermi le cose facili non è per me, deduco, mentre provo ad avere un atteggiamento disinvolto e rilassato. Mi viene da ridere per quanto mi sento legnosa.
Solita paralisi alle gambe, solito artiglio feroce in gola, solito respiro che si fa corto e veloce.
Ovunque posi lo sguardo c'è gente.
Oddio.
Provo a pensare che questa gente però è tanto simile a me, e questo mi tranquillizza un pò mentre provo a muovermi.
E sento piano piano l'euforia riappropriarsi del suo spazio legittimo.
Sento un qualcosa di leggero ed effervescente salirmi nel cuore, finalmente.
Mi rendo conto che sto sorridendo perchè di tanto in tanto qualcuno sorride anche a me.
Ed è bello.

E sono dentro.
Odore di carta, odore di plastica, colorecolorecolore e un brusio rassicurante e soffice.
Davanti a me c'è una distesa quasi infinita di quello che è una parte del mio piccolo mondo felice.
Quella parte che in pochi conoscono e ancor meno comprendono.
Quella parte che mi rende strana e disadattata agli occhi di chi non mi conosce.
Fottesega.
Nessuno mi guarda con la faccia perplessa, mi sento normale e abbasso la guardia, posso essere me, anche se per poche meravigliose ore.
Letteralmente mi lancio correndo verso la scalinata perchè devo sfruttare ogni secondo.
Devo riempirmi gli occhi, voglio fare tutto quello che normalmente non riesco a fare perchè sono diventata una merda che non sa più pensare a se stessa e a quello che ama, perchè mi sono fatta togliere tutto questo mondo e ora mi rendo conto di quanto mi sia mancato.
Poco importa se ho un adorabile tutù nero: imbraccio un mitragliatore che pur essendo una copia di uno reale pesa come un bimbo morto e mi sento la persona più felice del mondo. " Ti starebbe bene anche solo come accessorio" mi fa il tipo dello stand. Ovvio. sono la persona più sexy del mondo con un mitra o un trapano in mano, ma dicono che non sia bello che una donzellina si appassioni a certe cose, anche se menefrego.
Sorrido felice mentre arrivano altre persone a vedere e provare e parte la diatriba, con conseguente scommessa e prova fuori dal padiglione, dove davvero ho visto accadere di tutto.
E si, l'ho lasciato lì quel mitra insieme a un pezzo di cuore.
E ho provato ridicole orecchie di gatto, e sono corsa  da quel branco di smidollati in spada laser a farmele dare di santa ragione, ho fatto figure dimmerda grandiose gioiosa come una bimba perchè tanto quelli che avevo intorno alla fine erano quasi tutti come me.
E quello che ci rende simili è una cosa molto semplice: la passione che ci stana e ci fa essere persone davvero piacevoli e l'ansia che ci rovina.
Ma qui, per una volta eravamo davvero tutti uguali.

E tornare alla realtà oggi è stata durissima.

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